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Centro Olistico Alta Pusteria

Alla ricerca della verità

Pierangelo Fabbri

19 Settembre 1975. Don Adriano, il prete ribelle, mi accompagna con la sua Fiat 127 a Mestre; zaino sulle spalle parto in autostop, direzione India. Giunto nell’allora Yugoslavia, si ferma un simpaticissimo iraniano alla guida della sua bella Mercedes nuova di zecca. Cantando assieme le canzoni dei Beatles e a suon di “O sole mio” giungiamo così a Istambul, la porta dell’Oriente. Non dimenticherò mai le mie prime impressioni in mezzo a quella sinergia europea e asiatica, le musiche esotiche dei mercatini turchi e la mia apprensione da giovane 21enne nell’osservare quegli sguardi misteriosi dietro quei baffoni dei mercanti che cercavano di vendermi i loro prodotti.

Al “Pudding Shop”, il ristorantino al centro di Sultan Ahmed dove si incontavano i viaggiatori occidentali conosco il simpaticissimo Didier, francese, con cui si instaura una bella amicizia e si decide di continuare il viaggio assieme. Per pochi dollari comperiamo il biglietto del “Magic Bus” che ci doveva portare fino a Kabul, in Afganistan. Nel bel mezzo del deserto iraniano il nostro autobus magico si rompe e ci rifugiamo al riparo dal cocente sole all’ombra dell’autobus fino a sera quando arriva un autobus locale a nostro salvataggio che ci porta fino a Mashad, mistica città roccaforte islamica. Il giorno dopo si passa la dogana iraniana entrando in Afghanistan dopo aver avuto, uno alla volta in fila indiana, il vaccino contro il colera.

Meglio non parlare delle condizioni igieniche di tale operazione. Dopo alcune settimane in Afghanistan si riparte, direzione Pakistan. Ammuchiati come sardine in una vecchia Chevrolet stracolma a dir poco di passeggeri, per guadagnare spazio io metto i piedi fuori dal finestrino ed attraversiamo così il pericolissimo Kyber Pass con le sue bande armate per poi arrivare al confine col Pakistan. Qui ci attende un’apparente civiltà rispetto al primitivo Afghanistan, ma non certo una società più tranquilla, a parte la bellissima Swat Valley in cui passiamo alcuni giorni. Finalmente arriviamo all’ultimo passaggio di dogana, questa volta ce l’abbiamo fatta a giungere alla mistica India.

Il primo contatto con questo mondo così diverso dal nostro è il Golden Temple di Amritsar, che botta in testa e che esperienza indimenticabile il camminare in quel corridoio di persone che ci porta sotto quella cupola dorata in mezzo all’acqua, completamente trasportati e affascinati dalle pacate nenie musicali della loro religione Sick. Il giorno dopo, per non aspettare giorni per la prenotazione di una classe di treno decente, prendiamo il primo treno in partenza per Delhi, anche questo viaggio è per noi occidentali un’esperienza unica.

I miei obiettivi, dopo aver lasciato la sicurezza del nostro bel mondo occidentale erano diversi da quelli del mio carissimo amico Didier che decide di partire alla volta di Goa, la meta preferita dei figli dei fiori di allora. Io invece volevo recarmi alla mistica Risikesh, capitale indiana della meditazione trascendentale e dello yoga, costruita lungo il fiume Gange e colma di ashram (incluso quello dei Beatles), di guru e santoni vari.

Qui conosco Davide di Roma che mi insegna alcune tecniche yoga. Dentro di me continuavo ad immagazinare tutte queste esperienze, veramente tante, e pian pianino stavo entrando in un mondo completamente diverso. Continuo il viaggio verso il Nord, prendendo un autobus che si ferma ad ogni angolo della strada per caricare passeggeri vari coi loro prodotti agricoli, capre e galline. Giungo così alla bellissima Almora, alle falde dell’Himalaya.

Dopo una settimana in quella tranquillità di montagna decido di raggiungere Didier a Goa e così si riparte di nuovo facendo tappa nel deserto del Rajastan. Dopo quasi un giorno e una notte di nave da Bombay a Goa giungo in quella bellissima laguna blu. Per pochissime rupie affitto una capanna di bambu sulla spiaggia che diventa la mia abitazione per il prossimo mese. Avevo deciso di andare nelle spiagge del sud di Goa in quanto più belle e tranquille.

In effetti era così, ciò nonostante ero in mezzo ad un mondo di “sesso, droga e rock and roll” da cui mi ero lasciato coinvolgere.... fino a quella famosa notte di Natale del 1975. Il 24 di Dicembre incontro un “Jesus Freak” che mi invita alla festa di Natale in cui veniva offerto cibo gratis, ci vado anch’io e qui, mentre gustavo la loro cena gentilmente offerta, respiravo una bellissima atmosfera fraterna. In quella famosa notte di Natale, iniziai a sentire una Voce dentro di me che mi scuoteva mentre osservavo tanti miei amici nei loro vari “trip”. Quella Voce mi fece rispecchiare in ognuno di loro e mi resi conto che non volevo che la mia vita andasse in quella stessa direzione.

Mi svegliai a quello che era il mio obiettivo originale e cioè la ricerca di una vita più semplice e con dei veri valori di vita, in realtà non sapevo bene neanch’io quello che stavo cercando ma quella notte avevo capito meglio quello che non stavo cercando. A mia volta mi rivolsi a quella Voce chiedendoLe direzione nella mia vita. Sapevo di aver bisogno di uscire da quel mondo e così decisi di lasciare quel posto che ai miei occhi era diventato un semplice paradiso artificiale e saluto tutti i miei amici, sorpresi dalla mia decisione di andarmene da solo.

Parto per il Kerala, sud dell’India e approdo così in una comunità cristiana che lavorava coi sordomuti dove rimasi per diversi giorni ad aiutare come meglio potevo. Qui mi venne offerta una Bibbia in inglese di cui ne divoravo ogni giorno pagine intere. Avevo finalmente capito Chi era quella Voce ed avevo chiesto al Re dei Re di entrare nella via vita. Adesso avevo pace nel cuore, una pace mai avuta fino allora e sentivo dentro di me che sarei stato aiutato nel capire quale era il mio cammino. Era come se le parole che leggevo da quel libro uscisessero di lì e mi penetrassero dentro, mi procuravano una tale gioia, difficile da descivere.

Quell’elixir celeste mi aveva trasportato in una dimensione fuori da questo mondo, avevo conosciuto un Gesù nuovo, diverso da quello che avevo nel cortile di casa mia, era un Gesù vivo, vibrante, che mi dava tanta serenità e allo stesso tempo mi spronava al movimento e all’azione. In quel momento lì, in quella missione vicino alla giungla selvaggia del Peryiar Wild Life, iniziai a vivere il mio “viaggio finale” che mi portò dopo breve tempo nella città più caotica del mondo, l’ultimo posto in cui avrei voluto approdare: Calcutta.

Pensavo di tornare sull’Himalaya, ma dopo solo poche ore dal mio arrivo in quel marasma di persone e di miseria, mi si avvicina un ragazzo indiano che mi dà l’indirizzo di una comunità di volontari al centro di Calcutta che lavoravano con le suore di Madre Teresa. Come entrai in quella semplice abitazione capii di essere finalmente giunto a casa e così fu.

Ah, nessuno conosceva quel ragazzo che avevo incontrato. Molto casualmente uno di loro disse che era sicuramente un angelo! Che sia stato veramente così? Sono propenso a pensare di si. Parallelamente a tutto ciò, oltre confine, mia madre, preoccupata dal mio girovagare, continuava a pregare il Buon Dio per me quando, poco prima di ricevere mie notizie sulla mia scelta, le apparì in visione, così disse lei, sua nonna che le disse: “non ti preoccupare per Pierangelo, adesso è andato a stare in un posto dove sta bene!” Eh si, ero andato a stare in un posto dove stavo bene! I 38 anni successivi da quel dì di febbraio del ’76 non sono stati certamente rose e fiori, ma rifarrei senza nessun dubbio quella scelta, come non farla dopo aver vissuto quell’eccitazione dentro di me, quell’entusiasmo gioioso, quella luce illuminante e quella serenità interiore!
Dott. Pierangelo Fabbri
Missionario laico

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