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Centro Olistico Alta Pusteria

La mortificazione dei cinque sensi - Il pericolo di perdere il legame con la natura

Tutti, ormai da anni, sentiamo parlare dei “bimbi di città” che vedono la gallina per la prima volta nella pubblicità del supermercato.

Ogni volta che sentivo questa storia, quasi un’accusa al povero bimbo ignorante, ero sospesa tra l’incredulità e la tristezza. Che mondo di plastica stiamo offrendo ai nostri ragazzi! Un giorno, ormai almeno sedici anni fa, un dialogo tra me e mio figlio, di ritorno dal suo asilo, immersi nella primavera della campagna umbra, mi lasciò una sensazione indelebile.

“Mamma, poverini i bambini di città non conoscono i colori.” La mia testa pensa subito alle matite colorate con cui Michele disegnava sull’album ma soprattutto ci allietava con i murales…! Prontamente rispondo, conscia del rimprovero che spesso ricevevo per un figlio troppo bucolico per non dire selvaggio: “ma che dici. Hanno anche i pennarelli!”

Raramente mi sono sentita così superficiale come di fronte alla sua risposta pronta e sicura: “In città non ci sono le stagioni colorate, i muri e le strade non cambiano colore, quindi loro, poverini, non conoscono i colori.” Da lì spesso ho pensato ai cinque sensi, studiati in vario modo dalle elementari all’università di medicina.

I cinque sensi che negli anni abbiamo mortificato, uno a uno, senza quasi rendercene conto e senza pensare alle conseguenze che ciò avrebbe apportato alla psiche umana. L’uniformità di colore degli ambienti urbanizzati, la lunga distesa di capannoni che giorno dopo giorno mangia ettari di terra che ci faceva godere la bellezza delle zolle autunnali o dei fiori della primavera.

La neve che, appena si deposita, già sembra perdere il suo candore. Fortunato ancora quel ragazzo che riesce a cogliere la diversità di un cielo in montagna, in campagna o in mezzo al mare. Fortunato chi non ha le stelle oscurate dalla luminosità artificiale. Che puzzle costruisce un cervello in cui lo stimolo visivo è così limitato?

Quando non ci sono rumori molesti, quasi si ha paura di udire il magico rumore del silenzio. Eppure il silenzio ha sempre ispirato i migliori suoni, facendo diventare le note musica.

Quanti di noi ascoltano il vento?

Eppure il vento non arriva solo alle orecchie, porta con sé odori. L’olfatto sente se nel vento c’è preludio di acqua, di neve, odore di primavera o fragranze estive o forse l’autunno che arriva. L’olfatto che ci fa capire cosa sta per accadere ma che ci evoca anche ricordi, emozioni passate, un patrimonio che non deve restare sepolto dentro di noi.

Spesso nelle malghe qualcuno mi dice che la panna è troppo pesante, ha un gusto troppo forte, il latte ha troppo il sapore di latte. Parimenti il mar Jonio è troppo salato…il lago ha il saporaccio delle alghe.

La piscina è normale, sa di cloro! L’integratore ha il potassio ma non ha il gusto forte del grana! E anche questo senso ,il gusto, per secoli fonte di piacere, è soffocato dal “progresso”.

Quasi stavo per dimenticare il tatto. Non per caso. Camminare a piedi nudi è diventato quasi un privilegio. Rovistare con le mani nella terra è spesso un pericolo. Si comprano vari materiali da far manipolare ai bimbi ma il fango e la sabbia sembra non esistano più.

Se i cinque sensi sono il nostro rapporto con ciò che ci circonda, siamo forse circondati da un nulla confuso?

Purtroppo molti sono immersi proprio in questa alienazione e lo si vede quando, finalmente nella natura, hanno lo sguardo smarrito e felice. Genitori che finalmente godono di sporcarsi assieme ai figli, bambini che accarezzano il pelo di una capra e non il peluche, anziani che risentono i profumi di una volta.
Dott.

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